E questa volta non basterà un colpo di blog
Caro Beppe, nel 2004 vivevo a Pavia quando venisti al Palazzetto. Il tuo spettacolo costava 80 euro e mi sembrava un po’ tantino, perciò non mi unii ai miei coinquilini, anche se non potei non condividere con loro lo spasso della serata.
Nel 2006, tornato da poco in Salento, una ragazza dall’Inghilterra mi invitava a unirmi a uno dei primi meet-up d’Italia, quello di Lecce. Qui incontravo tanta gente che voleva cambiare il mondo, gente capace di crederci e di impegnarsi davvero, con tanta speranza e tanta energia positiva.
Insieme a quelle persone cominciarono anni di avventure incredibili, con tante battaglie importanti sul territorio: dalla Copersalento alla Colacem, dai Rifiuti Zero alla Tap, dall’antimafia all’anticasta, dal colonialismo monetario al neoliberismo globalista. Erano gli anni in cui a Corsano arrivavano le Carla Poli, gli Alessio Ciacci, i Salvatore Borsellino, i Pino Aprile e soprattutto tantissimi cittadini con la luce negli occhi.
In quegli anni si sognava in Salento e quando arrivò la tanto attesa notizia della nascita del Mov, tutti la cogliemmo come un’occasione storica, irripetibile, per cambiare le cose.
Alla base di tutto, c’era un’idea davvero rivoluzionaria: la democrazia diretta. I cittadini decidevano e i politici eseguivano, sotto lo stretto controllo di sistemi informatici innovativi e di poche, semplici, chiare e irrevocabili regole uguali per tutti.
Nel 2010 non si era ancora pronti per le regionali e Vendola sembrò anche a te una poesia da sostenere: acqua pubblica, cittadinanza attiva, ecologia e tanto altro. Erano ancora i tempi di “Casa Grillu” a Lecce, dove venne Roberto Fico, fresco di una sconfitta umiliante alle regionali in Campania, ma anche di un modo di pensare nuovo, che nasceva dal basso e che aveva la base, la cittadinanza, il popolo, al centro di ogni decisione, non come sminuiscono le malelingue che per convenienza gattopardesca definiscono questo modo di vedere le cose “populismo”, ma così come voleva e vuole la Costituzione più bella del mondo. Ai politici doveva essere tolto completamente il potere di agire per conto proprio, trasformandoli (qualcuno se lo ricorda ancora?) in meri porta-voce e nient’altro. Il potere quindi veniva tolto ai politici e passava al cittadino, era questa la rivoluzione! Poiché la politica aveva fallito, la politica veniva sostituita dai cittadini! Per questo era nato il Movimento 5 Stelle!
E non vengano a menarcela con la storia che la democrazia diretta è impossibile e farraginosa, perché chi sostiene questo, nasconde ancora una volta la paura di cedere potere. Del resto, in Svizzera, altro modello del Mov, avviene già da molti anni e le cose come ben noto, funzionano molto meglio che in Italia: i cittadini decidono da soli cosa fare, con referendum senza quorum e altri strumenti pluritestati, relegando i politici a meri controllori e gestori delle emergenze (è forse questo che nel Mov oggi si ha paura di essere messi a fare?). Democrazia diretta non significa per chi viene eletto dover consultare continuamente la base, ma tenere aperto un continuo e franco dialogo, con partecipazione attiva (e non pilotata) sui temi più importanti.
Così, nel 2012, dopo aver espugnato Parma, ci ritrovammo fiduciosi a Taranto e ci collegammo in diretta con Giancarlo Cancellieri, che ci faceva vedere il percorso che stavano elaborando per la Sicilia: programma scritto dai cittadini e votazione online delle persone che meglio erano in grado di realizzare quel programma, tutto via Liquid Feedback. Capimmo subito che quella era la strada per il vero cambiamento, estendibile in tutta Italia per le successive nazionali, inserendo l’insostituibile partecipazione di piazza a contatto diretto con le persone.
La visione di Gianroberto a quel tempo era ancora forte, lui che veniva dall'Olivetti, perché in fondo non si può capire il Mov se non si capisce Adriano Olivetti. Tu invece, caro Beppe, avevi in mano il megafono e fu questo purtroppo a prevalere, con le regolette banali dei “comunicati politici” in perfetto stile orwelliano, ma comunque sospinte dalla tua e nostra fiducia ingenua che gli italiani, di fronte a un’idea così dirompente, non potevano che cogliere la storica occasione per cambiare finalmente davvero.
In fondo, la pattuglia eletta nel 2013 era ancora a quel tempo ancorata al territorio. Con loro portammo in Parlamento la battaglia contro il folle progetto del raddoppio della SS275, scrivendo una pagina di storia per l’attivismo del nostro territorio: la prima vera azione di democrazia diretta dalla libera cittadinanza che il Salento avesse mai visto.
Erano ancora i tempi in cui votavamo la Gabanelli prima Presidente Donna della storia della Repubblica Italiana: questa era rivoluzione, caro Beppe!
Erano i tempi in cui il voto online era ancora in linea con i sentimenti della base.
Il punto di non ritorno è cominciato invece nel 2014: cambio delle regole, eletti che sceglievano i loro cagnolini da compagnia e tu caro Beppe, che lasciavi fare, fiducioso che chi avevi creato non sarebbe mai riuscito a distruggere il tuo sogno, il nostro sogno.
Dal 2015 in poi non si è capito più nulla: correnti, ricatti, vendette, autoreferenzialità, capannelli e porcherie di ogni tipo, come e peggio di quanto avvenuto nei vecchi partiti. Gli attivisti più pazienti hanno tenuto duro, continuando a guardare la luna e non il dito, portando avanti battaglie importanti sul territorio, spesso in solitaria, circondati da fantomatici “apritori di scatolette” che di fronte alla vera mafia, quella dei colletti bianchi (che cominciavano a mostrarsi utili per le famose “preferenze”), trovavano mille modi per sviarsela, preferendo non disturbare il potere e occupandosi del molto più comodo nulla e nulla più. In poche parole, era cominciata la discesa verso gli inferi della vecchia malapolitica, dove le persone vengono prese per i fondelli da disperati saltimbanchi alla prima e ultima opportunità che la sorte potesse regalare loro.
Nonostante tutto, grazie all’intuizione e all’ostinazione di alcuni vecchi appassionati (quelli dei tempi di Taranto per intenderci), dal 2016 al 2017 mettemmo su i primi workshop sui fondi europei in Puglia e in Abruzzo, così da offrire opportunità concrete a un territorio che tanto ne aveva e ne ha bisogno.
Dal 2016 poi, persi tragicamente Dario Fo e Gianroberto, anche il Mov è definitivamente caduto nelle mani di qualche piccolo furbetto da quattro soldi, scivolando dal grande sogno di milioni di italiani al baratro del becero tatticismo di un manipolo di infimi narcisisti patologici di cui è così piena la politica di oggi. E’ vero, caro Beppe, come dicesti a Italia a 5 Stelle a Roma: “la doppiezza mentale è la malattia del terzo millennio!”.
Ovviamente c’è narcisismo e narcisismo. C’è quello di chi, dopo aver acquisito esperienze e raggiunto traguardi, mette tutto a disposizione degli altri per un progetto più grande e quello di personaggetti in cerca d’autore che nella vita non hanno mai concluso niente e che sfruttano cinicamente qualsiasi occasione per fingere capacità che non hanno, a discapito della fiducia di tantissima gente, fiducia di cui questi abominevoli predatori si nutrono semplicemente per guardarsi meglio allo specchio, visto che non dispongono di alternative migliori (poracci!).
Così, arriviamo al 2018 e alla follia di imporre la riconferma dei parlamentari uscenti, in barba a ogni regola rivoluzionaria: “il politicante che ha fallito deve andare a casa su volontà della base, altrimenti si diventa come gli altri”…ricordi caro Beppe?
Se non ricordi, vieni a farti un giro nei territori, vieni a vedere il fango che avanza, divorando i resti di quello che un tempo era un sogno, un grande sogno! Consiglieri abbandonati a loro stessi e interpellati solo quando serve il clic o la passerella di turno, parlamantari completamente scollati dalla realtà che vagano come zombie concentrati a recitare una parte che non gli appartiene, incompetenza e faziosità dilaganti e chi più ne ha più ne metta. Questo ovviamente salvo le dovute e rare eccezioni, che perciò faticano anche ad emergere.
Infine, nel 2019, le europee: la farsa alla sua ennesima potenza. Tutte le pecore travestite da leoni hanno gettato la maschera e quel che è peggio, ancora una volta sono stati capovolti i principi più elementari del sogno rivoluzionario, si perché un sogno non va avanti solo con i tweet, ma ha bisogno di un raccordo chiaro e forte tra valori, programmi e persone in grado di realizzarli. Invece cosa è accaduto? Nonostente l'apprezzabile seppur timido sforzo nei criteri di merito, prima la scelta online di qualche amico di sappiamo chi (tanto da sbandierarlo sui giornali nel silenzio omertoso di tutti!), poi 6 punti di pseudo-programma scritti da non sappiamo chi e infine incontri sul territorio a prendere triplamente in giro la gente. Risultato? Chi aveva 4 meriti su 9 è passato avanti a chi ne aveva 7, grazie a qualche selfie con annessa propaganda autoreferenziale pagata da stipendio pubblico.
Per raccordare valori, territori e azioni di cambiamento che traducano in fatti la scelta degli elettori, come ben noto, il percorso è proprio l’opposto: valori chiari e ben definiti rappresentati da regole inderogabili e uguali per tutti (e ho detto per tutti!), incontri fisici e piattaforme web per la scrittura partecipata del programma, infine scelta dei profili di candidati che meglio possono mettere in pratica il programma (cv personale, professionale, di attivismo etc.).
Senza questo collante e soprattutto senza una volontà ferrea di garantirne l’applicazione in maniera disinteressata e super partes, ogni forma di rivoluzione è destinata a fallire.
E infatti, cosa è accaduto? Una forza politica con il 33% del consenso nazionale, con punte del 44% al Sud, ha finito per dover cedere le posizioni chiave dei ministeri prima alla Lega e poi, peggio ancora, a questo PD e non venirmi a dire adesso caro Beppe, che questo è quello che sognavi anche tu, perché per me è il ripiego mediocre di un fallimento annunciato e di cui mi dispiace, ma tu sei responsabile, fin dai primi comunicati orwelliani.
Esiste una cosa che rende un politico capace o meno di agire il cambiamento: la credibilità. Bastava proporre i Davigo alla giustizia, i Gino Strada alla sanità, i De Masi all'economia e così via, invece di intestardirsi ad apparire migliori di quello che si è, fingendo a più non posso, rincorrendo ogni giorno l’ombra del proprio fiore di narciso. Nel 2018, gli eletti, posto che non abbiano truccato le primarie (anche qui, sarebbe tempo di dire a tutti le cose come stanno), dovevano prendere al massimo posizioni di sottosegretariato e intanto continuare a curare le ferite di una forza politica lacerata tra vertice e base, visto che incredibilmente, in un movimento che si diceva orizzontale, una base e un vertice avevano finito per formarsi.
Occorreva nominare gente in grado di mettere davvero fascisti e radicalchic nelle condizioni di contraddirsi da soli, di andare in corto circuito e annullarsi, a partire dai poteri occulti della magistratura corrotta, delle banche usuraie, dei privilegi che dopo 10 anni di attività politica del Mov i soliti noti continuano tranquillamente a conservare, ridendoci beatamente addosso!
E allora, caro Beppe, figurati se leggerai questa lettera, ma da ora non puoi più fare finta di non sapere quello che devi fare, visto che se non lo fai tu, non lo farà di certo chi continua a giggioneggiare con quella che è stata la più grande illusione di sano cambiamento della storia della politica italiana.
Mi sembra sia in atto un giochino perverso in cui, usando le parole di Brecht, “poiché il popolo non è d’accordo, bisogna nominare un nuovo popolo”, con artifici da psyco-algoritmo che hanno portato il 94% del consenso della base sul contratto con la Lega al 79% dell'accordo col PD al 63% della trovata per l'Umbria (a proposito, la tendenza dimostra che il popolo a 5 stelle è ancora vivo!).
Allora, caro Beppe, ti dico che chi ci ha creduto davvero nel sogno del Mov, non merita quello a cui stiamo assistendo e nessuno, compreso tu, compreso io, ha il diritto di continuare un tale perverso gioco al massacro.
Non esiste politica di rinnovamento fuori da un grande sogno. Se non si è stati all’altezza di realizzare un grande sogno, solo per banali limiti di umana natura che non si è voluto imbrigliare in regole uguali per tutti e con persone in grado di applicarle in maniera capace e disinteressata, allora finito il grande sogno, si diventa come tutti gli altri.
I problemi del Mov hanno radici profonde, caro Beppe e questa volta non ti basterà un altro colpo di blog. Questa volta o si fa quello che si deve fare, o si muore.